BILL EVANS Trio “Portrait in Jazz”

Bill Evans Trio Portrait in Jazz – Riverside Records – 1960

di Fabrizio Ciccarelli –

Nel pianoforte Jazz c’è un prima e un dopo Bill Evans, indiscutibilmente. Con Paul Motian alla batteria e Scott LaFaro al contrabbasso registrò, otto mesi dopo la storica collaborazione con Miles Davis per Kind of Blue, Portrait in Jazz, il primo disco del Bill Evans Trio, un album di sublime livello artistico soprattutto per l’interazione tra la libertà melodica di LaFaro (magnifici i suoi soli) e l’atmosfera emotiva che Evans riusciva a creare intorno ad essa in modo elegante a mai invasivo, quasi di soppiatto, curvo e pensoso sul suo pianoforte, estensione quasi umana magicamente integrata con la morbida propulsione ritmica di Paul Motian, in punta di genialità che raramente troverà, considerando ogni discografia piano-contrabbasso-batteria, un pari equilibrio per levità e raffinatezza.

Bellissima la versione di “Autumn leaves”, la rilettura in valzer del classico disneyano “Someday my prince will come”, l’ introspettività di “Spring is here”, la cui linea melodica è il più chiaro segno distintivo dell’arte pianistica di Bill Evans. Eguale linea d’onda nelle sue due composizioni “Peri’s Scope” e “Blue in green”. Frutto di sperimentazione fortemente innovativa i contrasti dinamici in “What is thing called love”, in cui la forte poliritmia della batteria di Motian incontra le perfette pulsazioni del contrabbasso di LaFaro. Brano di punta è comunque “Blue in green”, già incluso nel celeberrimo Kind of blue, la cui paternità è stata sempre attribuita a Miles Davis, che in realtà fornì solo i primi due accordi del pentagramma: ed in effetti, ad un attento ascolto, l’atmosfera non può che ricondurre all’ inconfondibile cifra stilistica ed emotiva del poeta di Plainfield.

E’ un Portrait che non conosce cadute o diminuzioni di tensione emotiva, una pietra miliare del Jazz moderno in virtù di una Variatio esemplare di buongusto, precisione e perfetta eleganza tra le brune inflessioni sentimentali ed i brevi moti di solarità che segnano da sempre l’ego alterato di un uomo-artista/ artista-uomo le cui risposte al “male di vivere” ed alla ricerca di una felicità intuita, ma solo intuita, è nell’entro dei bordi di una silenziosa rivoluzione di un lessico estetico, introverso e diverso. 

Nonostante il grande successo di questo e di altri album, Evans non uscì veramente mai dalla depressione, anzi aumentò vertiginosamente le sue dosi di eroina e cocaina nell’illusione di riuscire a superare il “male oscuro”, soprattutto dopo il suicidio della compagna Elaine e di suo fratello Harry. Le conseguenze si ripercossero non solo sulla sua stabilità finanziaria ma anche sulla creatività musicale, fino a portarlo alla morte nel 1980. Prima di questo dramma esistenziale, il fragile e sensibilissimo poeta ha donato in questo Portrait una delle più belle performance musicali del XX secolo, storia di Vita maledetta e di sublime Poesia.

Tracce di Bill Evans Trio Portrait in Jazz

1 “Come Rain or Come Shine” (Harold Arlen, Johnny Mercer) – 3:24

2 “Autumn Leaves” (Joseph Kosma, Jacques Prévert, Johnny Mercer) – 6:00

3 “Witchcraft” (Cy Coleman, Carolyn Leigh) – 4:37

4 “When I Fall in Love” (Victor Young, Edward Heyman) – 4:57

5 “Peri’s Scope” (Bill Evans) – 3:15

6 “What Is This Thing Called Love?” (Cole Porter) – 4:36

7 “Spring Is Here” (Richard Rodgers, Lorenz Hart) – 5:09

8 “Someday My Prince Will Come” (Frank Churchill, Larry Morey) – 4:57

9 “Blue in Green” (Miles Davis, Bill Evans) – 5:25

Musicisti in Bill Evans Trio Portrait in Jazz

Bill Evans – pianoforte

Scott LaFaro – contrabbasso

Paul Motian – batteria

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