Wallace Roney Quintet

“Sulle orme di Miles

 di Francesco Peluso / foto di Pietro Graziano

 La stagione 2015/16 del Jazz Club “Il Ristorante Il Modo” di Salerno è iniziata, in continuità alle precedenti programmazioni, nel segno del jazz a stelle e strisce. A tal proposito, nella piovosa serata di lunedì 19 ottobre la tromba di Wallace Roney (a suo tempo prodigioso allievo del grande “Miles”) ha donato, ai bagnati ed intrepidi presenti in sala, un saggio del suo verbo formale. In compagnia di Ben Solomon al sassofono tenore, Anthony Wonsey al pianoforte, Rashaan Carter al contrabbasso e Lenny White alla batteria (altra icona del jazz dei ’70 con i Return To Forever), Wallace Roney ha presentato un repertorio di chiara matrice hard e post bop, in cui la voce del proprio strumento è stata ben assecondata dal fluido e collettivo groove del suo portentoso Quintet.

Wallace Roney

Il trombettista e compositore di Philadelphia, seppur non in perfetta forma fisica per un evidente soprappeso, si è posto alla guida di una dinamica formazione di musicisti in grado di creare con lui un empatico e vibrante interplay, grazie ad una notevole pertinenza ritmica e una non comune eleganza linguistica. La proposizione di un repertorio arricchito da strutture originali e standard hanno caratterizzato un approccio interpretativo riconducibile alla tradizione del bop, in cui il rincorrersi delle enunciazioni tematiche d’assieme e i chorus solistici individuali hanno permesso a ciascuno dei protagonisti della serata campana di sciogliere le briglia al proprio strumento, per dare vita ad una serrata sequenza di convincenti e virtuosistici primi piani. Come enunciato nell’occhiello dell’articolo “Sulle orme di Miles”, Wallace Roney è da considerarsi senza ombra di dubbio un erede del maestro “Davis”, eppure, nelle sue molteplici coloriture espressive (acquisite nelle prolungate collaborazioni con Chick Corea ed Anthony Williams fra gli altri) ha sfoggiato un lessico e una padronanza della materia che è propria dei virtuosi del nostro osannato jazz.                                                                                                                                  Il fascinoso fraseggio del tenore di Ben Solomon, Il forbito ed ampio pianismo di Anthony Wonsey, il solido e pulsante supporto ritmico del contrabbasso di Rashaan Carter e il trascinante vortice percussivo di Lenny White hanno, al pari degli accenti black di Wallace Roney, regalato ai fedelissimi della prestigiosa location salernitana un’ora abbondante di jazz dalle mutevoli accezioni in cui, qua e là, hanno fatto capolino fugaci richiami funky e modern-jazz, a dimostrazione di una visione d’assieme di una musica che, se da un lato, guarda al fulgido passato, dall’altro, non rinuncia a strizzare l’occhio ad una fresca contemporaneità. La frontline Roney & Solomon ha ricordato in alcuni passaggi lo storico dualismo Davis & Shorter, mentre Wonsey, noto per la collaborazione con l’orchestra di Winton Marsalis, ha impressionato per la fluidità del proprio linguaggio ed il fondersi con dovizia di frasi spezzate con la sezione ritmica Rashaan Carter e Lenny White. Nella fattispecie, al solido incedere del contrabbassista si è aggiunto il prorompente turbinio di piatti e tamburi del maturo virtuoso, che ha ingaggiato una divertente sfida con la cassa del proprio strumento, spesso richiamata al suo posto perchè scivolata in avanti. Pertanto, malgrado le condizioni atmosferiche avverse il forte richiamo prodotto dalla prima delle proposte internazionali de’ “Il Modo” è stato ripagato da una performance di apprezzabile classe che ci ha permesso di alternare alle nostre latitudini, la fruizione del talentuoso Jazz made in Italy con l’ipnotico Jazz degli States.                

Lenny White

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