Robben Ford “The last tour”

Di Francesco Peluso & P. Totaro / foto di Carlo Maradei

La cornice è quella che affascina al primo colpo d’occhio, la rassegna è la XV edizione del “Peperoncino Jazz Festival”, il fuoriclasse che di lì a poco calcherà il palco immerso nel chiostro del Castello Svevo di Cosenza è Robben Ford.Il celebrato chitarrista statunitense, che dal 1969 ai nostri giorni ha rappresentato un’icona vivente per almeno tre generazioni di appassionati delle sei corde, conclude il suo tour europeo nel profondo sud Italia, proponendo il suo recente lavoro “Into the Sun” in compagnia di Brian Allen al basso elettrico e Wesley Little alla batteria.

Blues, jazz e fusion si fondono da oltre quarant’anni nelle composizioni di Robben Ford, ma vederlo entrare in scena con la propria Fender Telecaster bianca del ’61 (notoriamente definita chitarra per i veri chitarristi) non fa che confermare la sua leggenda di musicista versatile e, al tempo stesso, preannuncia i contorni di un concerto dal sicuro trasporto emotivo. Il set è davvero scarno, come a sottolineare che la protagonista principale della serata sarà la musica. Per gli amanti della strumentazione sono due gli ampli utilizzati da Ford, un Super Reverb e un Deluxe Reverb, mancano i preferiti Dumble ma la scelta è sintomatica del sound che uscirà dalla Telecaster.
Chitarra elettrica, basso elettrico e una monumentale batteria sono, quindi, insieme ai tre virtuosi coinvolti gli assoluti protagonisti di un suggestivo scenario medioevale che si satura, già dal brano d’apertura “Birdsnestbound”, da Bringing It Back Home (disco del 2014), di armonizzazioni blues sostenute da un energetico fruscio di spazzole. Subito spazio per il basso di Brian Allen ma è il solo di chitarra, con una veloce sequenza di accordi, a chiarire che Ford è in perfetta forma. La live performance di mercoledì 20 luglio presenta, con il manifestarsi del repertorio scelto per la fresca serata calabra, alcune composizioni del maestro californiano tratte perlopiù dagli ultimi lavori “A Day in Nashville” (2015) e dall’ultimo “Into the Sun” (2016).
La limpidezza del suono e l’accattivante sequenza delle strutture proposte creano una sorta di intelligente discontinuità, fra brani riconducibili alle citate forme espressive o alle molteplici esperienze che hanno caratterizzato la carriera di Robben Ford, fra i quali spiccano i nomi di Miles Davis, Jimmy Witherspoon, Muddy Waters, Yellowjackets, solo per citarne qualcuno.
Il secondo brano “Howlinat the Moon” introduce in scaletta la sua ultima fatica, ryhthm’n blues dalla robusta ed intensa ritmica, sfoggia un contrasto dinamico-formale con il precedente. Il tempo di presentare la band, con qualche parola in italiano, e si riparte con “Midnight Comes Too Soon”, da One Day In Nashville, dall’atmosfera fortemente blues. Particolare, in chiusura di brano, il lungo dialogare della chitarra con la ritmica in un tempo quasi sospeso dalle tinte psichedeliche.
Il trascinante bluesman appare disteso e perfettamente a proprio agio fra le mura del Castello Svevo, lasciando fluire il personalissimo fraseggio dalla connotazione melodica. Questo scaturisce in modo naturale da una tecnica di gran pregio che si fa largo anche nella successiva “Rainbow cover”, composizione decisamente più leggera ed ariosa delle altre.
Da segnalare per la straordinaria bellezza “Rose of Sharon”, come la precedente tratta da “Into the Sun”, caratterizzata da un efficace riff. In questo brano trova di nuovo spazio Allen il cui ottimo assolo si aggiunge al superlativo lavoro di chitarra.
Il concerto prosegue con “How Deep In The Blues”, da Soul On Ten del 2009, dove il coinvolgente assolo di Ford è da manuale e “Cannonball Shuffle” con tanto di dedica al grande Freddie King.
C’è da sottolineare, inoltre, che durante l’intero concerto Robben Ford riserva ampio spazio ai due partners, permettendo loro di esprimersi in un lungo assolo nel brano “High Hells and throwingthings”: sontuoso Brian Allen al basso, corposo e dinamico Wesley Little alla batteria.
Il medley composto da “Please Set A Date” e “You Don’t Have To Go”, rispettivamente dal repertorio di Elmore James e Freddie King, sono un dovuto e sentito omaggio alla tradizione mentre “Fool’s Paradise” è un blues lento in cui si esaltano gli ispirati fraseggi di chitarra e un assolo di basso tecnicamente pregevole. La chiusura è affidata a “Cause Of War”, da Into The Sun, dal ritmo sostenuto e con Robben Ford particolarmente incisivo. I saluti finali sorprendono gli spettatori che avrebbero voluto ancora continuare un’emozione scivolata via troppo in fretta, l’applauso termina solo quando la band torna sul palco. Prima di riprendere a suonare Robben Ford, con sorridente sincerità e con la stessa semplicità con la quale riesce a tirar fuori dalla chitarra le cose più difficili, dichiara la volontà di ritirarsi dalla scena mondiale e, di conseguenza, questo è stato l’ultimo tour lontano da casa che, da ora in avanti, lo vedrà impegnato negli studi di Nashville nel Tennessee. Poi, è un nuovo lungo applauso, il pubblico in piedi a rendergli il giusto tributo, e si riparte a mille con “Lovincup” da Supernatural,incisione del 1999, che è un omaggio al grande chitarrista blues Mike Bloomfield, vera fonte ispiratrice di Ford e molti altri grandi della chitarra. Il brano si evolve in una lunga improvvisazione con ritmica ad effetto che ancora una volta rievoca atmosfere psichedeliche e che prelude allo svelarsi della bellissima “Thoughtless”, ulteriore “bis” di un concerto da ricordare, sia per la qualità della musica, che per il costante feedback realizzato dal fuoriclasse americano con un pubblico in estatico visibilio. Ci mancheranno i concerti di Robben Ford e, se il blues è malinconia, è proprio il blues che avvolge gli spettatori all’uscita del castello ma è anche una sensazione di serenità, la stessa che emanava il sorriso del chitarrista più amato dai chitarristi, nell’annunciare “The last tour”.

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