Intervista a Peppe Servillo

Peppe Servillo “Parientes” di Paula Alvarez   ParientesDopo anni di collaborazioni sui palchi, il cantante Peppe Servillo, il sassofonista Javier Girotto e il pianista Natalio Mangalavite hanno deciso di presentare il loro terzo progetto, in cui il trio italo-argentino unisce l’anima sudamericana con quella mediterranea. “Parientes” è un viaggio nei ricordi, nelle persone, nell’immaginario di un popolo migrante che ha dato vita ad un’altra cultura e, al contempo, ha preservato la propria portandovi nuova linfa; è un arco che si tende fra le sponde e nel tempo. «Capita a volte di trovarsi dall’altro capo del mondo e di incontrare inaspettatamente qualcosa che ci appartiene e che forse avevamo dimenticato». Questo è successo, si direbbe, a Girotto, Servillo e Mangalavite, in particolare quando i due argentini (entrambi originari della regione di Cordoba) hanno riconosciuto in questo incontro una possibilità di ritorno  alla propria cultura, giocando in prima persona la scommessa di scrivere canzoni “nuove” e ampliando la propria ricerca musicale e letteraria al jaz mixata al tango, ma anche a talune coloriture e ritmi folk, come la cumbia o la milonga. Queste, strettamente collegate alla tradizione popolare nord-argentina di Girotto e Mangalavite, vengono tradotte in “Parientes” in struggente sentimento e patos espressivo dal talento italiano.
  1. In apertura, vorrei conoscere qual è, secondo il tuo punto di vista, la linea di confine che separa o unisce la musica d’autore e la libera improvvisazione?
  2. Sicuramente la prima si pone come obbiettivo quello della riflessione, del sentimento, a partire da una costruzione precisa. La costruzione di una partitura musicale è qualcosa che si può trasmettere facilmente nel tempo perché è appunto una costruzione musicale ben definita, chiara. Nel caso dell’improvvisazione invece, il fascino risiede proprio nel fatto che quella scrittura musicale improvvisata, se di scrittura si può parlare, si diffonde ed è destinata al momento in cui viene eseguita. E’ musica la cui Servillopartitura non viene tramandata. In questo senso dell’improvvisazione secondo me, c’è la radice fortemente popolare, per esempio nel jazz. Perché nella musica popolare in generale c’è tanta improvvisazione, tanta musica non scritta, tanta musica non pensata ma che per esempio è determinata dalla danza, da un rituale, da un momento preciso della giornata, dallo scorrere dei mesi dell’anno, dal lavoro, come è avvenuto ad esempio nel blues e in tante altre forme di musica popolare. L’improvvisazione serve ad un altro scopo. Quindi io non è che dia un ordine di importanza fra le due, non metto su un piano superiore l’una o l’altra, però la distinzione va fatta.
  1. Dove nasce la tua coinvolgente sensibilità interpretativa nel coniugare le tue radici, la tua cultura, con quelle dell’Argentina, del sud America?
  2. Io penso semplicemente una cosa: nella tradizione napoletana, il cantante è sempre un po’ anche attore, la sua pronuncia teatrale mira sempre alla narrazione di una piccola messa in scena. Nella tradizione argentina, in particolare del tango, questo aspetto è molto rilevante. Spesso il cantante non è un cantante di voce ma è un cantante di pronuncia, il cui timbro, il cui modo di cantare determina il valore che esprime. E questo accomuna molto i due interpreti, l’interprete del tango e l’interprete della tradizione napoletana.
  1. Perché hai scelto di condividere il tuo percorso proprio con Natalio Mangalavite e Javier Girotto?
  2. Come tutte le cose belle della vita, questa è avvenuta un po’ per caso, poi però abbiamo coltivato il caso. Abbiamo fatto sì che questa coincidenza fortunata che ci ha fatto incontrare, proseguisse. Io trovo che la cultura latina, soprattutto per come si è determinata in comunità come quella argentina, come quella brasiliana, come quella colombiana, sia molto più vicina alla cultura europea piuttosto che a quella anglosassone. E’ un altro modo delle popolazioni europee che sono emigrate di dar vita a una musica popolare, ad una danza, ad una letteratura, ad un teatro diversi da quelli a cui hanno dato vita nell’emigrazione con il Nord America. Le forme della cultura popolare argentina sono italiane anche nel passato e questo mette una distanza rispetto alla mia cultura di origine e me la fa rivisitare. E questo aspetto è per me molto importante.
  1. Proviamo a creare un collegamento tra “Futbol” e “Parientes”.
  2. Futbol” è un omaggio a Osvaldo Soriano. Tutte le canzoni sono ispirate ai suoi lavori, durante il concerto stesso leggo dei racconti di Soriano. In “Parientes” la galleria dei personaggi è più libera, anche se poi a me piace sempre poter dar luogo dal vivo a delle piccole narrazioni ispirate ad un autore sudamericano, come in questo caso Julio Cortazar, che troviamo affine al lavoro che stiamo facendo. E’ un modo per procedere nella conoscenza, nella chiarezza. In “Parientes” noi abbiamo una galleria di personaggi, determinati in ambito familiare come suggerisce il titolo, Di contro, in “Futbol” avevamo un tema vincolante che era il calcio.
  1. Allora, vista la trasversale contaminazione stilistica di “Parientes”: come nasce il tuo amore per il jazz, cosa pensi della tradizione del jazz e quale giudizio, dal momento che ne sei a stretto contatto, dai al jazz contemporaneo?
  2. Personalmente da ragazzo ho ascoltato molto jazz. Anche in famiglia, con i miei fratelli si ascoltava moltissimo. Poi col tempo mi sono avvicinato di più a forme espressive musicali che hanno una radice popolare più forte perché negli anni settanta il jazz che ascoltavo era spesso un jazz molto raffinato, molto concettuale. Di recente da interprete, dal vivo, con musicisti italiani che sono una bella rappresentanza del jazz internazionale, mi sono riavvicinato a questo linguaggio però non da jazzista, non ho questa presunzione. Non mi ritengo un jazzista, sarei presuntuoso se mi ritenessi tale. Mi avvicino al jazz con grande curiosità e devo molto oltre che a Javier e a Natalio a tanti jazzisti italiani con i quali spesso lavoro.
  1. A questo punto, ci salutiamo qui ma di certo non mancherò a luglio all’appuntamento dal vivo, in uno dei concerti programmati per questa estate.
  2. Sì, faremo con Javier e Natalio una quindicina di date estive. Poi sarò anche in teatro, per me recente ed entusiasmante scoperta, che realizzo con mio fratello Toni portando in scena l’indimenticabile commedia “Voci di Dentro” di Edoardo de Filippo e il recital “La parola canta”. E’ un’esperienza fantastica. Toni si esprime con la parola, ma una parola che è anche suono, io con le canzoni che sono anche parole”.
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